Per certi versi si potrebbe paragonare una squadra di pallacanestro ad una compagnia teatrale. Parliamo di “un insieme di persone, composto da cast artistico e tecnico, riunite allo scopo di allestire e produrre uno spettacolo teatrale". Così almeno abbiamo immaginato la nostra SAM Basket, e seguendo questo fil rouge andremo a scoprire qui sotto tutti i meccanismi di questo spettacolare gruppo di ragazzi.
Nel suo personalissimo teatro (Nosedo) la SAM cerca ogni settimana di dare spettacolo e divertire il pubblico tentando di portare a casa anche i canonici due punti. Lo show che noi tifosi apprezziamo dagli spalti però è solo la punta dell’iceberg, un esecuzione di quaranta minuti, a volte più, frutto del lavoro di una settimana intera. Diverse le prove generali, numerosi gli esercizi specifici per migliorare quelle scenografie studiate dai due registi Robbi Gubitosa e Salvatore Cabibbo finché l'esecuzione non rasenta la perfezione.
Nella compagnia teatrale della SAM ognuno ha il suo ruolo, da Matteo Caccia (preparatore) e Edoardo Sagnella (fiseoterapista) al duo proveniente dalla Universty of Louisiana Monroe, Justin Roberson e Tylor Ongwae, due veri fuoriclasse della palla a spicchi. Tutti devono saper fare alla perfezione ciò che lo staff tecnico chiede, poiché quando qualcuno sbaglia perdono tutti, e, viceversa, quando la squadra gira alla perfezione il merito è del gruppo.
In questo particolare meccanismo artistico, giocano un ruolo fondamentale i compiti dei singoli attori. Tutti devono agire all’unisono, ma ognuno ha il suo preciso incarico. C’è chi sta sul palcoscenico ed ha in mano il copione per lunghi tratti dello spettacolo e c’è chi, invece, sta lontano dai riflettori, indirizzandoli con il lavoro sporco e l’altruismo proprio verso i protagonisti. Uno su tutti é colui che con il suo esempio ha trascinato con se i compagni di squadra, ovvero il serbo Milos Jankovic.
Esiste anche chi, da dietro le quinte, è pronto a sostituire gli attori principali nei cambi di scena. Un lavoro particolarmente arduo questo, poiché bisogna stare concentrati sulla pièce e rimanere sul pezzo per tutto l'arco dello spettacolo, e quando si va in scena bisogna far si che il pubblico non noti il cambio d’attore. Ci vuole grande professionalità e concentrazione per fare questo. Se non ci credete, andate a chiedere a Oliver Hüttenmoser, Fabio Appavou e Andrea Bracelli, un trio che in stagione ha giocato la media di 11.2 minuti a testa per partita, ma che ha sempre fornito ottime prestazioni.
Vi è poi chi, nel backstage, ed è il caso di Alexander Martino, è chiamato a sostituire gli attori principali per un periodo di tempo più lungo. Ed allora il gioco cambia, il ruolo cambia! In un attimo si viene chiamati ad avere la parte del protagonista, anche se all’anagrafe non hai nemmeno vent’anni, e bisogna saper entrare in fretta nei costumi degli attori principali, che nel suo caso erano quelli di Marco Magnani (infortunatosi alla caviglia).
Nell’arco di una stagione, lo abbiamo detto, bisogna dare il massimo per rimanere tra i migliori. Lo sa bene il nostro preparatore fisico Antonello Azteni di Mt.Ashes CrossFit, che ogni settimana cura il fisico dei nostri ragazzi. Ma Il corpo, per quanto bene possa essere allenato, ha dei limiti, e quando la mente ti porta a dare tutto per la squadra come nel nostro caso, può capitare che qualcuno paghi lo scotto.
È il caso di Daniel Andjelkovic, operato con successo al ginocchio in settimana, che nonostante i due gravi infortuni in stagione ha sempre voluto rientrare il prima possibile con i ragazzi. Oppure Jankovic, che per suoi compagni di squadra ha dato tutto quello che aveva senza mai lamentarsi, fino a quando il suo corpo ha detto basta.
Forse però, chi tra tutti si è distinto per la dedizione verso una causa che lo vedeva partire già sconfitto, è stato Peter Ishiodu. Il classe 1991 era partito dai box ad inizio stagione con una fascite plantare che gli ha impedito di lanciarsi da subito con i compagni in questa magnifica cavalcata verso i Playoffs. Nonostante ciò, il ragazzo è sempre stato presente agli allenamenti così come alle partite per sostenere i ragazzi dalla panchina.
Una panchina che Peter ha lasciato solo per due minuti, contro il Boncourt, prima che un fastidioso problema al ginocchio lo costringesse a rinunciare nuovamente al proseguo della stagione. Eppure, nonostante quest’anno il ragazzo non abbia praticamente potuto mettere piede in campo, il suo atteggiamento verso la squadra è rimasto invariato. Sempre positivo, sempre pronto ad aiutare i compagni, anche semplicemente con un cinque o una pacca sulla spalla.
Questi ruoli che abbiamo descritto non sono sempre assegnati dall’allenatore e non sempre, come abbiamo visto, rimangono invariati nel corso della stagione. La capacità del singolo nel capire ed accettare il proprio compito all’interno di un collettivo è l’elemento che spesso determina il successo di quest’ultimo. La SAM ha la fortuna di aver trovato quest’anno un gruppo di ragazzi capaci di calarsi perfettamente nei propri ruoli. Una compagine che si muove all’unisono verso un’unica direzione. Dagli americani agli svizzeri, dai più navigati ai più giovani. Lo spirito di squadra è quello che permette di superare in maniera costruttiva le sconfitte, ma soprattutto di puntare in alto verso ciò che il singolo non potrà mai ottenere.
Il Neuchâtel è il primo dei gradini di una scala che porta nell’Olimpo del basket rossocrociato. Una scala che affronteremo mano nella mano, tutti insieme, decisi a regalare a Massagno un’altra grandissima dose di emozioni.
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